“La Rivoluzione è scoppiata quasi suo malgrado, come un sospiro troppo a lungo trattenuto. Ognuno si è rianimato, è rinato; dappertutto trasformazioni, rivolgimenti. Si può dire che in ciascuno sono avvenute due rivoluzioni: una propria, individuale, e l’altra generale.”
B. Pasternak – Il Dottor Zivago
Che cosa hanno in comune una graphic novel di una giovane disegnatrice iraniana ed un romanzo futurista sovietico degli anni Cinquanta? Il filo rosso che lega Persepolis di Marjane Satrapi e Il dottor Zivago di Boris Pasternak è un ideale, la Rivoluzione, e soprattutto il tradimento di questo ideale da parte di coloro che avevano giurato di difenderlo.
Oggi, le proteste che stanno avvenendo in Iran ci stanno presentando il governo teocratico alla guida della Repubblica Islamica come una dittatura chiusa ed intollerante, ma non sempre gli Ayatollah, le guide del clero sciita che ora stanno cercando di imbavagliare la voce del popolo iraniano che non chiede altro che un maggior rispetto dei diritti umani, sono stati visti così. Questo è chiarissimo in Persepolis, la graphic novel pubblicata nel 2000 da Marjane Satrapi, una giovane che ha visto con occhi di bambina la Rivoluzione che nel 1979 ha portato al potere il carismatico Ayatollah Khomeini, fondatore dell’attuale regime. In queste pagine autobiografiche l’autrice racconta di come l’Iran, nei primi anni Settanta, fosse sotto il controllo di un monarca corrotto e completamente asservito all’Occidente, lo Scià Reza Pahlavi, che aveva operato una rapidissima transizione del paese verso un modello di società capitalista, incentivando le privatizzazioni, imponendo con la forza la laicità e reprimendo ogni dissenso. Paradossalmente, allora, per le donne era illegale portare il velo! Le riforme, che presero il nome di Rivoluzione bianca, favorirono l’arricchimento della piccola élite vicina alla corte, ma precipitarono la stragrande maggioranza della popolazione nella miseria più nera. Questa situazione generò una tanto forte quanto variegata opposizione contro lo Scià, formata per la gran parte dai conservatori islamici, guidati dall’Ayatollah Khomeini, che criticavano la politica anticlericale del monarca e l’occidentalizzazione dei costumi, ma anche con alcune considerevoli componenti liberali, nazionaliste e comuniste. Il governo agì duramente contro qualsiasi genere di contestazione. Lo zio di Marjane, un giovane militante dell’estrema sinistra, fu costretto a riparare in Unione Sovietica e, al suo ritorno in patria, venne arrestato. Ma la violenta reazione dello Scià non poté fermare la furia del popolo che, nel 1979, lo scacciò dall’Iran. Marjane ricorda come tutti fossero felici in quei giorni, come la gente si sentisse finalmente coinvolta nella vita politica del paese, come ci si sentisse pronti ad entrare in una nuova epoca di libertà. Ma non fu così. Tutte queste chimere svanirono nel momento in cui Khomeini scese dall'aereo che lo riconduceva in Iran dalla Francia, dove era stato esiliato. L’Ayatollah si liberò di tutte le correnti non islamiche dei rivoluzionari, tra cui anche lo zio di Marjane, che fu condannato a morte, ed impose la Sharia, la legge basata sul Corano. E l’entusiasmo della Rivoluzione fu presto spento da un nuovo regime che censurava qualsiasi forma di dissenso, imponeva il velo alle donne, perseguitava gli omosessuali, impediva l’abbandono della religione e riportava indietro il paese di secoli.
La vicenda iraniana non può che ricordare un’altra Rivoluzione fondamentale per la storia del Novecento: quella russa del 1917. E così come Marjane, in Persepolis, ha dato voce alle speranze e alla delusione del popolo iraniano, Boris Leonidovic Pasternak ha fatto lo stesso con quello russo. Nel suo romanzo Il dottor Zivago, del 1957, analizza il lungo processo che portò al potere il partito bolscevico ed alla nascita dell’URSS con gli occhi di numerosi personaggi, a partire dal protagonista, il sensibile medico e poeta Jurij Zivago, e dalla sua amante, la crocerossina Lara. Le loro vite trascorrono parallele, sempre vicine ma mai incrociate, per tutto l’inizio del secolo, fino a quando i due non si conoscono al fronte durante la Grande Guerra. Senza saperlo, Jurij e Lara hanno vissuto con lo stesso entusiasmo i moti rivoluzionari del 1905 contro il conservatore ed assolutista governo dello Zar Nicola II, che videro, come in Iran, persone della più varia estrazione sociale e politica unite contro il monarca. La giovinezza idealista di Jurij e la disperazione di Lara, abusata sessualmente da un corrotto avvocato, si fondono con il sentimento di rivalsa che agita tutto il popolo e che lo conduce in piazza ad invocare giustizia. Nel 1917, anno della caduta dello Zar, Jurij arriverà a pensare che in quegli anni ognuno abbia portato a termine una propria rivoluzione individuale, confluita poi come tanti piccoli rivoli nel mare di quella generale. Ma, come in Iran, anche in Russia le cose iniziarono presto a peggiorare. Dopo la deposizione di Nicola, infatti, il paese fu spaccato in due da una violenta guerra civile tra rivoluzionari, i rossi, e controrivoluzionari, i bianchi, che fu vinta dai primi solo nel 1922. Jurij, che nel frattempo ha iniziato una tormentata relazione con Lara e ha sperimentato su di sé gli orrori del conflitto, è convinto che con la fine delle ostilità termineranno anche i problemi della sua patria, ma si sbaglia. Con la vittoria comunista, infatti, il potere venne centralizzato nelle mani del Partito, del quale divenne segretario generale il sanguinario Josif Stalin, che impantanò gli ideali di libertà ed uguaglianza che avevano guidato la Rivoluzione trasformando lo Stato sovietico in un mostro burocratico. Come in Iran, qualunque tipo di dissenso fu stroncato e il paese entrò in una buia epoca di dittatura.
Naturalmente, alla sua uscita, Il Dottor Zivago fu censurato dal regime, ma Pasternak riuscì a farlo avere all’editore Feltrinelli, che lo pubblicò in Italia in anteprima mondiale. Il romanzo vinse nel 1958 il premio Nobel, ma all’autore fu impedito di ritirarlo dalle autorità sovietiche.
Oggi, come nel secolo scorso, sia la Russia che l’Iran sono sottomessi ad una crudele dittatura che proprio in questi giorni sta spargendo sempre più sangue innocente. Il messaggio di Marjane e di Pasternak potrebbe sembrare, a prima vista, rassegnato: anche se il regime sarà rovesciato, i suoi distruttori ne costruiranno presto un altro. Ma non è così. Se anche le Rivoluzioni del passato hanno fallito, questi due autori ci hanno dimostrato che un popolo può sentirsi unito a prescindere dalle diverse idee dei singoli contro una dittatura. Come diceva Cicerone, “Historia magistra vitae”: studiamo il passato proprio per trarvi un insegnamento, per mantenere ciò che è buono e per non ripetere gli errori fatti. E dal passato impariamo che la Rivoluzione è possibile, che la potenzialità che essa si avveri è dentro ognuno di noi, ma anche che dobbiamo sempre stare in guardia per difendere ciò che ci siamo conquistati.
E una Rivoluzione autentica, senza tradimenti, potrebbe essere quella che sta avvenendo in Iran, o quella che forse avverrà domani in Russia. Chi lo sa.