“Nessun io, nemmeno il più ingenuo, è un’unità, bensì un mondo molto vario, un piccolo cielo stellato, un caos di forme, di gradi e di situazioni, di eredità e possibilità.”
È questo uno dei temi centrali de Il lupo della steppa, scritto dallo svizzero-tedesco Hermann Hesse in uno dei periodi più bui del Novecento, quello tra le due guerre, quando l’Europa stava lentamente scivolando nell’abisso del totalitarismo, della violenza e del fanatismo. Ed è proprio in questo periodo, in un mondo reduce da uno dei più grandi stermini della Storia e pronto ad essere teatro di una nuova carneficina, in un mondo dove ogni certezza è stata distrutta, dove l’Uomo non ha più nulla a cui aggrapparsi, dove lo sviluppo scientifico si accompagna alla regressione civile, dove dominano la mediocrità, l’ipocrisia e la paura, che si svolge la vicenda del protagonista del romanzo, Harry Haller, un intellettuale di mezza età che vede convivere in sé due realtà. La prima è quella dell’umano, calmo, colto, raffinato, amante dell’arte, della letteratura e della musica, la seconda è quella del lupo, passionale, rivoluzionario e asociale. Harry è impossibilitato ad essere felice proprio a causa della continua lotta che si svolge tra le sue due identità, che a loro volta hanno all’interno altre personalità in conflitto tra loro, che lo spinge all’asocialità, al disprezzo del mondo che lo circonda e addirittura a valutare l’ipotesi del suicidio. Proprio quando non ce la fa più ed è prossimo a togliersi la vita, l’uomo incontra però Erminia, un’affascinante fanciulla ribelle ed irriverente, verso la quale si sente attratto da una platonica affinità spirituale. La ragazza lo indirizza verso i piaceri della vita, incitandolo a ridere del suo destino e a sfruttare il suo conflitto interiore per andare avanti. E allora Harry impara a vivere, a danzare, a ridere e ad amare sfruttando la sua complessità, il suo avere più identità in lotta perenne tra loro, come trampolino di lancio. Insomma, tutto questo bellissimo romanzo è un inno alla rivolta interiore: l’io non è uno, ma è molteplice, e proprio tutte queste pluralità, gli uomini e i lupi, scontrandosi e rimestandosi, sospingono in avanti la vita, così come la tempesta spinge avanti la nave. Certo, c’è il pericolo di affondare, ma che importa? Il pericolo è intrinseco all’avventura, e le opzioni sono due: o andare avanti o fermarsi, invecchiare e decomporsi. E se anche si dovesse affondare, il segreto è quello di ridere delle proprie sventure per poi riemergere e proseguire. Questo messaggio profondo di incitamento a godersi la vita e ad andare avanti è immerso in uno stile di scrittura particolare, che danza tra il realismo e l’ambiente onirico e che è sfaccettato come il personaggio di cui racconta. Insomma, Il lupo della steppa è un ottimo, anche se impegnativo, romanzo che consiglio a tutti coloro che vogliano confrontarsi con sé stessi per slanciarsi in avanti, verso la vita.