Intervista: Stefano Rovelli (a cura di Alice Bacco)


Intervista: Stefano Rovelli (a cura di Alice Bacco)

(foto a consenso del professor Rovelli)

Spesso e volentieri, noi studenti sappiamo soltanto la superfice della vita
dei nostri professori: il loro nome e cognome, titolo di studio e a volte
l’età. Dal momento che ero curiosa di scoprire qualcosa in più e volevo
dare a tutti una visione più personale nei confronti di coloro che si
lasciano intervistare, ho deciso di aprire una rubrica per interviste ai
professori che acconsentono a questo progetto.

Comincerò con il professore Stefano Rovelli, docente 36enne del Banfi di
italiano e latino da quasi 11 anni.

“Quale percorso di studi ha perseguito alle superiori e più tardi
all’università?” Ha perseguito il liceo classico al Banfi dal 2001 al 2006 e
ha frequentato l’università Cattolica del Sacro Cuore conseguendo 2
lauree: una triennale in lettere classiche e una biennale in scienze
dell’antichità. Piccolo dettaglio interessante: entrambe le sue tesi erano
sull’Eneide di Virgilio. Inoltre, alle superiori ha avuto come insegnante di
religione una professoressa che lavora ancora qui al Banfi: la
professoressa Arisi.

“Il liceo classico era una scelta totalmente volontaria?” Ha confermato,
dicendo addirittura che è stata quasi una sfida, siccome i suoi professori
delle medie affermavano egli fosse una persona da liceo scientifico (ramo
scienze umane). Ciò lo ha spronato ancora di più nello studio delle
materie umanistiche.

“Materia preferita e quella meno preferita?” La sua materia preferita era
il latino, mentre la sua meno preferita era senza dubbio la matematica.

“Aveva professori particolarmente difficili da compiacere?” Ha risposto
che ne aveva alcuni abbastanza severi e piuttosto “vecchio stile”. Ha
anche affermato che da essi prendeva voti abbastanza bassi o perlomeno
nella media.

“Il suo andamento disciplinare era nella media?” Si può dire che sia stato
uno studente modestamente intelligente e bravo nelle materie per cui
aveva una passione, come il latino e greco. Mentre non era molto bravo
in materie scientifiche, eccelleva particolarmente in umanistica,
migliorando continuamente il suo livello di perizia dalla prima superiore
alla quinta senza particolari difficoltà. Ho anche saputo che alcuni fra i
voti più bassi presi includevano 4 in matematica, ma altrettanti 4 sia in
greco sia in latino.

“Faceva qualche attività extrascolastica come basket, pallavolo e tali?” Ha
detto di aver praticato calcio come fa tuttora, ma non più a livello
agonistico. Tuttavia, riusciva a conciliare gli impegni extrascolastici con lo
studio in modo adeguato.

“Ha lavorato in altre scuole prima di questa?” Dopo aver conseguito 2
lauree nel 2011, ha preso un’abilitazione TFA (tirocinio di formazione
attiva), un percorso di specializzazione generalmente svolto per diventare
docenti di sostegno, e, nel caso del professor Rovelli, per essere abilitato
come insegnante qualificato. Ha iniziato a lavorare come tirocinante nel
tardo 2013, circa ad ottobre, all’Istituto Leone Dehon di Monza,
continuando per 1 anno. L’anno seguente ha lavorato 1 anno al Liceo
Ettore Majorana a Desio, e dopo ancora al Liceo Paolo Frisi a Monza per
un altro anno. Fra questi anni di lavoro a varie scuole paritarie, afferma di
aver anche lavorato al Liceo Salesiani di Sesto San Giovanni.

“Come è finito a lavorare al Banfi?” Dopo tutti questi istituti, ha ammesso
che, dopo aver finito il suo percorso di studi, si è sempre sentito attratto
dal Banfi. Ha detto di essere sempre stato consapevole del fatto di star
lentamente riavvicinandosi al Banfi nonostante lavorasse in tutti gli altri
licei. Sentiva un senso di doverosità verso il Banfi, a sue parole “Dare
qualcosa indietro al Banfi”.

“C’è qualcosa che rimpiange di non aver fatto ai tempi delle superiori?”
All’inizio ha dovuto pensare molto per trovare qualcosa che avesse
rimpianto ma, dopo qualche momento, ha risposto di aver forse
rimpianto non aver prestato molta attenzione nello studio dell’inglese o

di non aver fatto un’esperienza Erasmus (trascorrere del tempo all’estero
per studi). Tuttavia, alla fine dell’intervista, ha ripreso la domanda e ha
detto di aver veramente rimpianto non aver cominciato a fare teatro alle
superiori. Ha detto che se avesse iniziato a quell’età, magari avrebbe
apprezzato di più i suoi anni di adolescenza.

A questo punto, avevo chiesto perché, e ha risposto dicendo che il teatro
gli ha regalato un’introspettiva diversa sulla sua vita: immaginarsi e
effettivamente assumere una “maschera” diversa dalla propria gli ha
permesso di riflettere di più sulle proprie emozioni e lo ha reso
consapevole delle proprie capacità e limiti. Mi ha anche chiesto di
riportare che pensa che il teatro si debba provare almeno una volta nella
propria vita e, come persona che ha seguito corsi di teatro in passato,
condivido la sua opinione.

“Era il più bello della sua classe?” Ha innanzitutto detto che erano incirca
17/18 alunni, e solo 5 maschi. Poi, ho chiesto se i maschi del liceo classico
non fossero poi così curanti della propria apparenza in tutti gli aspetti, ed
ha concordato. Ciò mi ha dato la possibilità di chiedere se gli altri ragazzi
si potessero quasi definire nerd, ed era più o meno d’accordo anche su
quel punto di vista. Ha spiegato che essendo anche sportivo (come ha
risposto in una domanda prima) era leggermente più attraente alle
ragazze. In una classe con predominanza di ragazze era inevitabile essere
piaciuto almeno da una di esse.

A ciò ho chiesto se avesse avuto qualche ragazza alle superiori, e se quella
con cui sta correntemente, chiamatasi Chiara, l’ha incontrata alle
superiori. Ha risposto di aver incontrato la sua ragazza più tardi, ma che
alle superiori ne ha avute un paio. Ho ottenuto un nome su due: ha avuto
due ragazze all’interno della sua classe. Mi sembra anche di aver capito
che, al terzo anno di liceo, abbia rotto con una delle due per mettersi con
l’altra, e che ciò abbia fatto nascere una sorta di triangolo amoroso.
Nonostante essere stato abbastanza popolare nella sua classe, ha però
ammesso di non essere stata una persona molto sicura di sé, piuttosto il
contrario, ma ciò è decisamente cambiato con gli anni.

“Consiglio vigente in qualsiasi caso su come gestire la propria salute
mentale pur frequentando un liceo difficile?” Consiglia di trovare una
passione che possa fungere da sfogo dalla vita scolastica, come per
esempio suonare, cucinare, fare uno sport e cose tali. Tuttavia ha
reiterato una cosa detta in una delle domande precedenti, cioè che si
deve trovare il giusto equilibrio fra le due, e che lo studio non deve mai
essere superato dalla passione.

“Che impatto ha avuto frequentare il liceo classico dopo le medie,
psicologicamente parlando?” Si potrebbe dire che aver frequentato un
liceo piuttosto difficile dopo le medie è stata “una grande botta” da
assumere. In lui, si sono instillate diverse caratteristiche, ora tutte parti
della sua personalità: la devozione al dovere, l’essere costante nelle cose,
la tenacia, il senso di sconfitta (ovvero il “cadere e rialzarsi”), la lealtà e la
riconoscenza.

“Pensa di essere migliorato come professore? E dove pensa di trovarsi
nella sua carriera al momento?” Ritiene di essere un professore molto
migliore rispetto a prima, anche se pensa di non essere in grado
individuare esattamente a che punto si trova nella sua carriera da
insegnante. Ha sviluppato con il tempo la capacità di sapere cosa è
necessario per gli studenti, siccome l’esperienza aiuta. Dopo 11 anni di
professione, è sicuramente un docente che sa conciliare bene la parte da
“professore” e quella da “educatore”. Cerca di diffondere non solo pura
conoscenza, ma anche dove e quando applicarla nella vita, orientando i
suoi studenti.

“Perché insegna proprio latino ed italiano?” Comincio da dire che
aggiunto di essere in grado di insegnare anche greco, dato il suo diploma
e lauree, ma possiede cattedra solo per il liceo scientifico, e quindi non gli
è richiesto insegnare greco. Detto ciò, afferma di avere un’anima
umanistica e un’attrazione per le materie come italiano, latino e greco
maggiore rispetto ad altre. Sostiene inoltre di avere una grande passione
per la letteratura, ma è prevalentemente un latinista. Piccolo spunto che
aggiungo io: insegna anche geostoria.

“C’è qualche professore di cui si sente in dover di parlare? E se sì, che
effetto hanno avuto su di lei?” Ha nominato il suo, ormai in pensione,
professore di latino e greco della quarta e quinta ginnasio (prima e
seconda superiore), Luigi Stucchi, perché è forse colui che lo spinse ad
amare il latino e il greco ancor di più. Ha detto di averlo preso come
modello siccome la passione che trasmetteva era, diciamo, contagiosa.
Ho inoltre scoperto che spesso cita questo suo ex professore mentre ci fa
lezione, dal momento che sono sua alunna, anche involontariamente. Mi
sento in dovere di citare quest’intera frase detta dal professor Rovelli
durante l’intervista: “Quando noi chiedevamo se dovessimo studiare
qualcosa per una sua verifica, egli rispondeva “No, è per la vita””. Ritengo
sia una frase veramente poetica, perciò volevo includerla. Piccolo
dettaglio divertente: il professor Stucchi era un milanista come il
professor Rovelli.

“Ha per caso preso ispirazione da alcuni dei suoi prof passati per i suoi
metodi di insegnamento?” Ha parlato del suo professore che ha avuto per
tre anni dopo quarta e quinta ginnasio (ovvero per la terza, quarta e
quinta superiore), Cesare Mandelli, docente di latino ed italiano. Ha detto
che era leggermente più severo del professor Stucchi, ma ciò lo ha
spronato a dover studiare ancor di più. Mentre ha risposto nella domanda
precedente di esser stato contagiato dalla passione del professor Stucchi,
i suoi metodi di conteggio nelle verifiche e interrogazioni, come quelli di
insegnamento delle lezioni, vengono appunto dal sopracitato professor
Mandelli.

“Alla fine del primo anno, ci fu qualche bocciato?” Inevitabilmente, ha
risposto sì, non specificando quanti, ma sono riuscita ad avere una sorta
di indicazione: dopo le bocciature del primo anno di superiori, la scuola
dovette unire la sezione A e B insieme.

17/11/2023

Articolo a cura di

Alice Bacco

IL BANFO

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