La moda: apparire o essere?


Comprare una maglietta, un paio di jeans o anche una coppia di calzini è un gesto semplice... tutti noi lo facciamo. Così, in modo più o meno consapevole, entriamo a far parte del "mondo della moda".

Ogni capo che acquistiamo e indossiamo è un tentativo di dire al mondo chi siamo o come desideriamo apparire agli altri. Anche coloro che non pensano di seguire le "regole della moda" in realtà ne sono influenzati: sugli scaffali dei negozi si trovano, sebbene in versione più economica, i colori, le forme e i modelli che i grandi stilisti hanno proposto nelle loro sfilate.

Da sempre, l’abito indossato ha rivelato la condizione sociale, economica e politica di uomini e donne. La moda, nel corso dei secoli, è stata un mezzo di comunicazione sociale, una potente arma per affermare uno status o per diffondere opinioni e idee, come ci spiega la sociologia e come è stato dimostrato da alcuni eventi storici.

Pensiamo alla Rivoluzione francese: la presa della Bastiglia, il re e la regina decapitati insieme a funzionari di corte e nobili, il nuovo governo che si afferma… Mentre il sangue scorre ancora lungo le strade di Parigi, le donne aristocratiche fuggite lontano dalla Francia incominciano una protesta silenziosa. Attorno al collo indossano un sottile nastro rosso. Questa moda si impone nella società del tempo e diventa veicolo di un messaggio preciso: il nastro rosso esprime il dissenso nei confronti delle scelte fatte dal nuovo ordinamento. In seguito, a distanza di decenni, i nastri assumono diversi colori e perdono il loro significato politico fino a diventare, sempre in Francia, un accessorio per le ballerine dell’Opéra di Parigi, raffigurate per esempio nei quadri di Degas.

Facendo un salto nella storia, anche nell’Inghilterra degli anni Sessanta la moda è utilizzata come strumento di opposizione alla società e di emancipazione.

Si affermano le minigonne, diffuse grazie alle collezioni della stilista londinese Mary Quant. Esse sono il simbolo di una generazione di giovani donne che reclamano le proprie libertà e, con questo bisogno di cambiamento, fisiologicamente insito nella giovinezza, la moda ritorna a sottolineare l’opposizione alle rigide regole sociali: l’irriverenza delle gonne, sempre più corte, non solo sostituisce il rigore proprio degli indumenti fino ad allora indossati, ma rappresenta una rottura definitiva con il passato, sentito come opprimente e troppo distante dall’innovativo modo di pensare.

Sempre negli anni Sessanta e nei successivi anni Settanta, negli Stati Uniti d’America, si diffondono le prime contestazioni e proteste giovanili contro il consumismo e soprattutto contro la guerra in Vietnam: nasce il movimento hippie. I giovani che ne fanno parte portano vestiti dalle fantasie floreali, jeans a zampa e capelli lunghi. Essi intendono, attraverso il loro abbigliamento anticonformista, scontrarsi con le tendenze stilistiche e con il modello di vita imposto dalle regole della società benestante e benpensante di quegli anni.

Anelano a una comunità fondata sulla libertà, sull’amore, sulla tolleranza e sulla pace. I membri delle collettività hippie hanno un abbigliamento che dichiara apertamente il loro scontro con il mondo tradizionale e autoritario. Un fenomeno di costume che sottende il rifiuto della società e della politica del tempo.

Proprio questi esempi dimostrano che, se le tendenze della moda sono state capaci di influenzare la nostra quotidianità, il semplice gesto di aprire l'armadio e scegliere cosa indossare non è più una scelta casuale, ma una consapevole affermazione di noi stessi e, in determinati casi, anche del nostro modo di pensare.

Siamo proprio sicuri di escludere a priori che l’abito non faccia il monaco?

31/05/2024

Articolo a cura di

Ilaria Dall'Occhio

IL BANFO

Social:

Dove Siamo:

Via Adda, 6, Vimercate

Contattaci:

Sito Realizzato da "Il Banfo" | 2021 Tutti i diritti riservati.